“E giocherò a inventarti un nome mio come si fa con gli uragani forse perché a pensarci bene anch’io ho visto cieli americani.
Certo che hai scombinato il mondo mio, i paralleli e i meridiani.
solo adesso che ci sto pensando su e mi viene un po’ da sorridere ma sì… da oggi in poi io ti chiamerò così, tu sarai per me
l’Uragano Vittoria
un uragano di capelli rovesciato su di me, su di me è passato come un treno che non ferma più, questo sei tu… l’Uragano Vittoria”
3, semplicemente, unicamente 3!
3 anni di vita spettinata, scompigliata, incasinata, terribilmente indispensabile, questa sei tu, Vittoria.
Sei la bambina che ho sempre sognato di avere ma che non sono mai riuscita a immaginare veramente. Non so come ti avrei voluta. Non lo so davvero. So che tu, così, sei perfetta per me.
Sei l’uragano che è arrivato all’improvviso per insegnarmi che essere donna vuol dire anche essere madre e essere madre vuol dire esserlo anche di figlie femmine, come me, che si può riuscirci. Non credo di esserne capace. Non so se ne sarò mai veramente capace. Intanto ci sei tu che mi aiuti. Mi rendi migliore. Mi osservi e io mi correggo perché non voglio che tu faccia i miei errori.
Non hai pretese. Tu non chiedi niente, tu prendi, perché sei indipendente, perché, nella tua testa shakerata, se lo faccio io lo puoi fare anche tu. Chissenefrega se sono solo 3. Tu prendi tutto. Mai troppo.
E tutto si risolve sempre con un “Ebabbè” spallucce.
E io come faccio a sgridarti?
Ti sgrido, uh se ti sgrido, ma mi chiedo sempre fino a che punto tu mi stia ascoltando. Ti guardo e capisco che per te il tempo passato a sgridarti è inutile. Una sgridata di tre minuti è troppo lunga. Dopo una parola hai capito e me lo fai capire con quei tuoi occhietti sorridenti e furbi che mi fregano sempre.
“Babbene non lo faccio più”,
ripeterai questa frase mille volte al giorno perché tu di marachelle ne combini a profusioni e spesso devo far finta di non vedere.
Il tuo nome è stato scelto per caso, una folgorazione, una battuta, quasi uno scherzo. “Va bene, è il suo nome” così ci siamo detti io e papà, un giorno per caso a fine pranzo. Un uragano che ci ha travolti e migliorati.
Cosa dire ancora di te? Tanto, tantissimo ma non ci riesco.
E si Vittoria, la mamma piange, ma non va dal dottore. Alla felicità non c’è cura. E tu me lo insegni ogni giorno, da quando apri gli occhi ogni mattina, a quando li chiudi la sera.
Non smettere mai di credere in te stessa, non smettere mai di travolgere le persone con la tua gioia dirompente e incontenibile. Continua a ammaliare chi ti incontra. Prendi il meglio di ognuno e lascia il segno. Non piegarti mai ai ricatti. Non cedere alle cattiverie. Continua ad essere la guerriera che nessuno riesce a fermare. SPLENDI COME SOLO TU SAI FARE!
Continua ad essere la sorella che sei, perché quei due hanno bisogno di te adesso, vivranno di te dopo. Sei la loro roccia. Sarai la confidente. Con te non si sentiranno mai soli. Tu li capirai, ci sarai e io potrò stare tranquilla.