Tre chicchi di moca
[Toti Scialoja, Teresa Buongiorno (a cura di), edizioni Lapis, 2002. Età di lettura: dai 4 anni]
Le poesie e le filastrocche sono una splendida risorsa per avvicinare i bambini ai libri.
Sono ancora più preziose quando si tratta di opere di grande qualità, come nel caso di Tre chicchi di moca.
Come lettrice volontaria e bibliotecaria mi è capitato di consigliare in molte occasioni questo bellissimo libro a genitori, insegnanti e altri lettori, facendo scoprire loro un ramo inaspettato della letteratura per l’infanzia: quello dei nonsense e dei giochi di parole.
Si pensa che siano cose “complicate”, cose che i piccoli non capiscono, ma forse è proprio il contrario. I bambini sono in assoluto il pubblico più adatto ed entusiasta, il più disposto a perdersi tra le parole senza il timore di incespicarvi o di fare brutte figure.
Nei bambini prevale il divertimento, esattamente lo scopo per cui quelle filastrocche sono state scritte.
Toti Scialoja, grande poeta e pittore, ha regalato ai bambini se stesso, la sua grande passione, ma soprattutto le sue parole, i suoi disegni e le sue poesie.
Ricorda Teresa Buongiorno di quando lui parlava di poesia ai bambini in una libreria di Roma, travestito come il Cappellaio Matto di Alice:
“Disse che per leggere delle poesie occorreva mettersi in maschera, altrimenti si perdeva metà della magia. Spiegò che una poesia è come una melagrana, e quando la apri scopri tesori, rossi chicchi fatti di parole.”.
Il grande amore per quel che faceva traspare in ogni dettaglio dei suoi lavori e viene ricambiato dalle risate dei bambini, che si perdono nelle girandole di allitterazioni delle sue filastrocche, nel ritmo, nelle immagini disegnate da Toti e in quelle evocate dalle sue parole.
Questa lepre, esperta arpista,
suona Listz senza una svista
ma sparisce dalla vista
non appena grido «Bis!»
Ogni pagina ha per protagonista un animale o due, che Scialoja umanizza facendo vivere loro buffe avventure.
Ogni filastrocca, ogni illustrazione, sono frutto di grande cura e impegno da parte dell’autore. Scialoja, attraverso esse, ha affascinato generazioni di bambini.
“Quando scrivevo poesie per bambini – racconta l’autore nell’ultima pagina di Tre chicchi di moca – ero io stesso un bambino che diceva poesie, che si divertiva e giocava.”
Scialoja diceva di non aver mai smesso di ricordare la propria infanzia e soprattutto di non aver mai smesso di viverla.
La sua grandezza e quella delle sue opere credo derivino proprio dal suo essere cresciuto conservando la fantasia e la spontaneità di un bambino, dall’aver continuato a esercitare l’allegria e lo stupore giorno dopo giorno attraverso il contatto e il confronto coi più piccoli.
Far ridere un bambino di cuore è un affare molto meno semplice e banale di quanto forse pensiamo. Scialoja lo sapeva, questo è certo.
Buona lettura!