Li ho lasciati litigare, piangere e urlare, senza intervenire, semplicemente perché non avevo voglia di farlo.
Forse quelle che si credono bravi madri sarebbero intervenute.
Forse i manuali ti spiegano che se i tuoi figli litigano devi intervenire per separarli perché dietro a una semplicissima litigata c’è qualcosa di più profondo e grave.
Per me, una litigata tra fratelli, è una semplicissima litigata. Punto!
Urla, botte, lacrime, fanno parte del gioco di essere fratelli.
Se non ti uccidono ti fortificano! Come ogni cosa.
Sono riuscita a buttare il latte per 10 volte di fila perché a metà conta dei misurini perdevo il conto e dovevo ricominciare.
Ricominciavo perché avevo paura di sbagliare, e più la paura aumentava più sbagliavo.
Alla fine, per nutrirli, e non sentirli piangere, ho ricominciato dal numero che ricordavo.
Sono sopravvissuti. Sono sani. Stanno benone.
Li porto con me agli aperitivi e mi diverto un sacco a guardarli mentre mangiano, con tanto gusto, gli stuzzichini. Poi a casa non mangiano più, e allora?
E allora io sono contenta perché non devo cucinare, sporcare la cucina e poi pulire, questa è la verità!
Capita che li mandi a scuola con la maglietta del pigiama perché a loro piace quella maglietta con i super eroi, e a me non interessa quello che pensa la mamma truccata, con tacco a spillo, perfettamente pettinata, già alle alle 8.30 del mattino.
Anche perché io, sotto la tuta, ho ancora il pigiama.
Ebbene sì, li porto all’asilo in pigiama perché sono troppo in ritardo per cambiarmi.
E no, non li sveglio prima, non voglio, passerei ore a guardare le smorfie che fanno mentre dormono.
Si, gli faccio guardare i cartoni per riuscire a finire di lavorare. Lo faccio e non mi sento in colpa!
Poi la pago cara perché mi obbligano a vedere lo stesso cartone mille volte, ma almeno ho consegnato il lavoro che dovevo assolutamente consegnare e posso godermi il tempo con loro senza pensare ad altro.
Dico sì senza ascoltare perché sono impegnata in altre cose. Loro sono furbi e in quel si c’è sempre qualche promessa e la distruzione della casa.
Poi incendio la cucina perché sono impegnata a mantenere fede alla promessa che ho fatto prima, senza saperlo. Promessa che contempla un gioco con loro, e mi dimentico la pentola sul fuoco.
Diciamo che compenso le due cose.
Cedo, cedo spesso. Sbaglio lo so, ma per me è impagabile il loro sorriso e la felicità nei loro occhi, piuttosto che la soddisfazione di essere riuscita a non cedere.
Le vere soddisfazioni sono altre.
Le vere soddisfazioni sono tuo figlio 13 enne che è un ragazzino di cuore, educato, stupendo.
Lo stesso figlio che hai cresciuto a tentativi quando eri sola e non sapevi cosa volesse dire diventare madre.
Quando le madri perfette passavano il loro tempo a dirti cosa fare e non fare.
(E me ne sono fregata!)
Quel figlio che ti ha fatto diventare madre.
Quel figlio che ti ha fatto capire che non esiste un modo per essere madre. Esiste il tuo modo di esserlo, unico e inimitabile!
Questo è quello che faccio io, ma voi non copiatemi. Voi siate voi stesse e fate, con i vostri figli, quello che vi dice l’istinto. Non esistono manuali!
[Che non esistono manuali lo ha capito anche Gianda Sundas, autrice di “Le mamme ribelli non hanno paura”. Giada, quando ha scoperto di aspettare Mya, ha letto ogni genere di manuale. Quando Mya è nata le ha fatto capire che non esiste manuale per essere madre, esiste solo l’istinto di madre, quello non sbaglia mai.
“…All’improvviso, per la prima volta, mi rivolgesti un sorriso. Staccasti la bocca dal mio seno, mi guardasti lì, dove i bambini sanno che le mamme accatastano l’amore, e mi regalasti una mezzaluna sghemba tutta gengive e complicità.
«Ah», dissi, «adesso sì che ho capito cosa significa essere madri.»”]
[post in collaborazioni con Garzanti Libri]