La teoria dell’attaccamento riassunta in 4 punti fondamentali
Ha piagnucolato tutto il giorno (salvo strillare quando in radio passa la mia canzone preferita), ha deciso di aspettare il pannolino pulito per esibirsi in un esercizio di pulizia corporea epica, ha decorato la parete della cucina con lo yogurt al lampone e quando sono arrivati i nonni (che non la vedono da un mese) è caduta in un sonno profondo che neanche Biancaneve… 🍎
Vi siete mai chieste perché abbiamo comunque l’istinto irrefrenabile di coccolarli e coprirli di baci? O che cosa ci sia di così magico in quei momenti trascorsi a fare le linguacce e vederli ridere di gusto? O come mai il loro sorriso più grande, sdentato ma comunque bello, è quello che dedica alla mamma (con buona pace di papà e nonni)?
La teoria dell’attaccamento
La teoria dell’attaccamento, formulata dallo psichiatra John Bowlby negli anni ’60 del secolo scorso, ma che gode tuttora di enorme seguito, si propone di dare una spiegazione a tutto questo. E non solo: la teoria ipotizza una relazione tra la qualità del legame affettivo che lega mamma e bambina/o (e, aggiungerei, porta la prima a tollerare mille angherie) e lo sviluppo affettivo, sociale e cognitivo della bimba/o stessa. Riassumendo, si potrebbe dire che se il legame affettivo è stretto e di buona qualità, lo sviluppo emotivo avverrà in modo armonico e sereno.
L’attaccamento è stato definito come un rapporto profondo e duraturo che lega un individuo ad un altro, aldilà del tempo e dello spazio. E’ considerato come componente innata della natura, caratterizzata dalla propensione a creare relazioni intime con particolari individui e che perdura per tutto l’arco della nostra vita (Bowlby, 1988).
Conoscere i punti chiave di questa teoria rivoluzionaria può essere importante nella relazione con i nostri figli. Proviamo a riassumerla in quattro mosse.
1- Quando si costruisce il legame tra “caregiver” (dall’inglese “colui che offre le cure”) e il bimbo? Gradualmente, giorno per giorno. I bambini formano una preferenza per la persona o le persone che più si prendono cura di loro e mettono in atto comportamenti detti di segnalazione (pianto e sorriso, che bene conosciamo) e di avvicinamento (succhiare, aggrapparsi, muoversi). Questi comportamenti sono fatti apposta per suscitare emozioni negli adulti e mantenerli vicini. E’ più probabile che si sviluppi un attaccamento sicuro quando l’adulto è sensibile e sintonizzato alle comunicazioni del bimbo ed è in grado di fornire le cure che soddisfano i bisogni del bambino con affidabilità e velocità.
2- Secondo Bowlby, il periodo clou sono i primi tre anni di vita durante cui si susseguono quattro fasi diverse, successivamente descritte e rinominate da un altro pioniere della psicologia dello sviluppo, Rudolf Shaffer:
-La prima fase è quella di preattaccamento (dalla nascita ai 3 mesi) in cui la bimba o il bimbo prova interesse per il volto e la voce degli umani, ma ancora non distingue bene le persone tra loro. In questa fase, mette in atto quei comportamenti di segnalazione e avvicinamento a cui abbiamo accennato prima.
-Dai 3 ai 9 mesi prende forma l’attaccamento in formazione: l’interesse per l’interazione con gli altri perdura, ma le reazioni sono intensificate nei confronti del caregiver e dei volti familiari. A questo punto il sorriso è radioso per la mamma e più inteso per i familiari (beh, ci sta…). Il piccolo segue con lo sguardo gli spostamenti della mamma e inizia a preferire le sue coccole.
-Dai 9 mesi ai 3 anni si parla di attaccamento vero e proprio. Il bambino inizia ad esplorare l’ambiente e usa la mamma come base sicura, e protesta al suo allontanamento.
-Dai 3 anni in avanti, si parla di formazione di un legame reciproco: il bimbo ha una rappresentazione chiara di sé, dell’altro e della relazione con la figura di attaccamento e ha a disposizione nuovi mezzi per mantenere la vicinanza (richieste verbali e negoziazioni, che conosciamo molto bene).
3- Nella vita di tutti i giorni, già così piena di impegni e di stress, possiamo comunque promuovere e rafforzare il nostro legame e promuovere l’attaccamento con giochi e interazioni semplici. Anche perché non c’è prova del fatto che ci sia un momento critico dopo il quale l’attaccamento diventa impossibile o insicuro. Basta quindi dedicare del “tempo di qualità”, alla costruzione di questo fondamentale legame affettivo. Nel prossimo post vi fornirò alcuni idee per giochi e suggerimenti per farlo.
4- Pur senza dimenticare che si tratta di una teoria, le numerose ricerche e osservazioni che sono state fatte in questo ambito, sembrano indicare che i bimbi con un attaccamento sicuro sono più propensi ad avere fiducia in sé stessi e negli altri, ad essere curiosi, ad instaurare buoni rapporti con gli altri ed a sviluppare competenze di espressione e regolazione emotiva più adeguate.
Le cose da dire sulla teoria dell’attaccamento sono davvero tante, poiché a distanza di quasi 50 anni dall’inizio del lavoro pionieristico di Bowlby, i ricercatori hanno fatto grandi passi avanti in numerose direzioni e, ugualmente importante, fatto emergere anche le sue criticità (per i più curiosi, vedere link qui sotto).
Per costruire un attaccamento sicuro non è necessario essere genitori perfetti, ma certamente conoscere questa teoria e capire come sia possibile partecipare al processo di attaccamento può aiutare a favorirne lo sviluppo e a fornire ai vostri figli delle basi solide per affrontare la vita.
Per approfondire, si rimanda a:
http://www.stateofmind.it/2017/07/john-bowlby-attaccamento/
https://www.youtube.com/watch?v=kwxjfuPlArY (Inglese)
Bibliografia:
- Gavazzi, I. (2009). Psicologia dello sviluppo emotivo. Bologna: Il Mulino./li>
- Riva Crugnola, C. (2012). La relazione genitore-bambino. Bologna, Il Mulino.
- Berti, A. E., Bombi A. S. (2005). Corso di psicologia dello sviluppo. Bologna, Il Mulino.
- Bowlby, R., (2008). Attachment, what it is, why it is important and what we can do about it to help young children acquire a secure attachment. Articolo presentato durante le sessioni del Gruppo sulla Qualità dell’Infanzia presso il Parlamento Europeo, Bruxelles.