Indovina che cosa succede
Una passeggiata invisibile
[Gerda Muller (testo e illustrazioni), Babalibri, 2001. Vincitore del Premio Grinzane Junior 2002]
Gerda Muller, classe 1926, è sempre stata per me “la signora dei Trillifolletti”, una serie di quattro albi scritti assieme a Anne-Marie Chapouton che raccontavano le fantastiche avventure di un villaggio di folletti dagli occhi vispi e dalle chiome folte, che scorrazzavano liberi e completamente a loro agio nella natura incontaminata, della quale sembravano più rispettosi fratelli che padroni.
Da non molto tempo ho scoperto che quei bei libri sono divenuti introvabili e li conservo dunque, un po’ stropicciati e macchiati dal tempo, nella mia libreria di letteratura per l’infanzia, che sto piano piano ampliando con altri capolavori di Gerda.
Uno tra gli albi che ha toccato il mio cuore è Indovina che cosa succede. Una passeggiata invisibile che, insieme a Indovina chi ha ritrovato Orsetto. Una passeggiata invisibile propone ai bambini un tipo di lettura che spesso viene, erroneamente, messa in secondo piano: quella delle immagini.
Fin dalla copertina l’albo ci parla: ci troviamo in qualche paesino nordico, dove la neve è la cosa più normale e al contempo la più divertente del mondo per i bambini. Su quel bellissimo tappeto bianco vediamo delle impronte, che proseguono nella quarta di copertina. Lì intravvediamo i protagonisti: un bambino e il suo cane.
Le uniche parole presenti all’interno dell’albo sono quelle iniziali, che danno al lettore una specie di consegna, delle semplici istruzioni per l’uso: “Segui queste tracce…”.
Le tracce altro non sono che altre impronte, come quelle della copertina. Sta all’immaginazione e alla capacità di ciascuno cogliere i dettagli, seguire le impronte e costruire nella propria mente una storia.
Ci troviamo in una cameretta. Su un lettino vediamo un pigiama verde gettato di fretta, il piumone è ammucchiato in un angolo. Vicino al letto c’è il bagno e delle impronte di piedini, dapprima nudi e poi infilati dentro a calde pantofole, ci conducono lì, a lavarci la faccia. Poi di corsa a indossare i vestiti sparsi in disordine su una sedia. Fuori nevica.
In cucina c’è già la colazione pronta, il tempo di mangiare qualcosa e via di nuovo.
Vicino alla porta stanno appesi i cappotti dell’intera famiglia e ai piedi di quelli dei bambini ci sono ancora due paia di stivaletti.
La cuccia del cane è vuota, il guinzaglio è appeso al gancio: dove sarà?
Le pagine scorrono, sparisce un cappottino celeste e un paio di stivali rossi e compaiono delle pantofoline blu. Eccolo il cagnolino! Si vedono le sue impronte mentre esce assieme al suo padroncino.
Le tracce proseguono sulla neve fresca, oltre lo steccato e si incrociano con quelle degli animali che i due incontrano in giardino: un merlo, una lepre, un pony che bruca della biada. Ogni tanto il cane si deve essere un po’ allontanato per annusare chissà che cosa o magari per assaggiare la neve.
Avanti, sempre avanti i due guadano un fiumiciattolo passando sopra un’asse di legno.
Un giro intorno a un pino e poi si prende la strada del ritorno, ma passando il fiume in altro punto, attraverso un grosso sasso che se ne sta giusto nel mezzo.
Le impronte dei due amici di nuovo si affiancano ad altre: a quelle di un’anatra che fa il bagno in uno stagno e a quelle di una persona, che sembra stia trascinando o spingendo qualcosa: è la mamma o il papà che sta raccogliendo la legna.
Un giro intorno alla casa degli uccellini e poi il cagnetto e il bambino rientrano in casa. Via il cappotto e gli stivali, si corre in camera per continuare a giocare dentro a uno scatolone con una grande vela rossa che fa da barca. Finalmente vediamo i due amici, di cui fino a questo momento avevamo quasi solo immaginato l’aspetto.
“Quando lavoro sola nel mio studio sento la presenza di un bambino che mi guarda e spesso mi guida. È per lui che lavoro” ha detto Gerda Muller in un’intervista.
In questo albo, che possiamo definire a tutti gli effetti un silent book, lo spirito con cui Gerda lavora si percepisce forte e chiaro.
Saper mostrare ai bambini il mondo visto dagli occhi di altri bambini è la cosa che le riesce meglio e per nostra fortuna non ha mai smesso di farlo.
Il suo amore per la natura incontaminata, per gli spazi sconfinati, per il gioco e la spensieratezza dell’infanzia traspare in maniera inequivocabile e suscita in noi altrettanto amore, un senso di leggerezza, la voglia di tornare bambini, di uscire a correre in un prato e di non crescere più.
Buona lettura!