Oggi, a 40 giorni dal parto, finalmente riesco raccontarvi com’è andato il mio quarto parto.
Il parto più impegnativo della mia vita.
Avete letto bene, il più impegnativo, nonostante fosse il quarto. E tanto impegnativo è stato anche il post parto, ma questo era immaginabile.
Partiamo dall’inizio.
“Vedrai, sarà un parto veloce, al quarto…”
“Se non corri in ospedale questo lo fai in casa!”
“Sarà una passeggiata.”
“Nascerà prima!”
Il mio quarto parto è stato tutto tranne quello che mi aspettavo e che tutti si aspettavano, ginecologa per prima.
Sui tempi posso anche soprassedere. Non mi aspettavo un parto velocissimo, anche se ci speravo tanto. Non ho mai avuto parti veloci, neanche quando sono avvenuti a distanza di 12 mesi.
Perchè avrebbe dovuto esserlo questo? Continuavo a ripetermelo per non restare delusa. E’ servito a niente, ci sono rimasta malissimo!
Alla 39 settimana sono andata in ospedale perchè non stavo bene. Nessun dolore, nessuna perdita, solo un’emorroide piccola, congestionata e dolorosa.
Talmente dolorosa da farmi piangere.
Emorroide? Cos’è? Non ho mai avuto le emorroidi in vita mia, mai in gravidanza, e ovviamente mai mi sarei aspettata mi capitasse, in modo particolare a fine gravidanza.
Dolorante e distrutta, dopo una notte insonne passata in bagno e a prendere tachipirina, la mattina di sabato 14 aprile chiedo al Puni di portarmi in ospedale perchè stavo impazzendo dal dolore (Puni che durante la notte era già stato mandato in farmacia a prendere una crema).
Non sto esagerando credetemi. Non ho mai provato un dolore così acuto.
Arrivata in ospedale, al pronto soccorso ginecologico, sono stata accolta da Elisabetta, una ostetrica, un angelo. Il giorno dopo lei sarebbe diventata il mio angelo.
Sono stata visitata subito.
Il dolore così acuto che provavo era dovuto a una piccolissima e unica emorroide, molto congestionata, che non si poteva toccare.
Li ho pregati di fare qualcosa perchè il dolore era insopportabile. Mi hanno aiutata con anestetico e ghiaccio, di più non si poteva fare.
Durante la visita, la ginecologa di turno, mi ha fatto un’ecografia e si è accorta che Benedetta non aveva più liquido.
“Adriana ti facciamo una flebo e rivediamo i valori del liquido, se non cambiano resti con noi”.
Queste parole non mi hanno spaventata. Sentivo la bambina muoversi molto, sapevo che stava bene, e l’idea di partorire una settimana prima non mi dispiaceva affatto.
(In tutto questo ho mandato il Puni a casa dagli altri tre)
La seconda ecografia conferma il risultato della prima, Benedetta deve nascere.
Vengo ricoverata. La mattina dopo avrebbero indotto il parto.
Ero tranquilla, molto tranquilla. Sapevo che la mia ginecologa sarebbe entrata in turno propri domenica, ero nell’ospedale che avevo scelto per partorire, il personale era super gentile, insomma tutto perfetto, nulla che mi avrebbe potuto preoccupare.
La mattina di domenica 15 aprile, alle 9,30, con grande difficoltà mi hanno rotto il sacco. Il travaglio avrebbe dovuto partire, ma ero certa che non sarebbe iniziato. E così è stato.
Alle 15.30 la mia ginecologa, entrata in turno, mi fa andare in sala parto e inizia l’induzione. Induzione con ossitocina, l’unica possibile perchè io sono pre-cesarizzata (Semmy è nato con cesareo dopo 27 ore di travaglio, no comment!).
Chiamo Paolo: ” Vieni, ci siamo”
Spaventata? No! Anzi, stranamente ero molto tranquilla, felice, emozionata.
Ero consapevole dell’intensità dei dolori provocati da induzione, ma non ero minimamente spaventata, volevo solo che Benedetta nascesse.
Ad accogliermi in sala parto c’era lei, Elisabetta, quella Elisabetta.
“Ho letto il tuo nome e ti ho preso in carico io visto che ti avevo già conosciuta”
Non smetterò mai di ringraziarla per questa decisione!
Un viso dolce, una voce pacata, grande professionalità e una grande passione per il suo lavoro! Tutte le donne, in sala parto, dovrebbero incontrare persone come Elisabetta!
Iniziano le procedure, iniziano i dolori. Tutto sotto controllo, tutto gestibile. Dolori intensi ma gestibili. Continuavo ripetermi che sarebbero finiti presto, che dovevo solo concentrarmi su Benedetta e non sul dolore.
Ho fatto il corso per il parto in analgesia ma temevo che l’anestesia rallentasse il travaglio e, soprattutto, mi facesse stare male come con Vittoria, così ho preferito non farla.
Passano le ore e la dilatazione è bloccata.
Questo mi ha gettato nello sconforto più totale. Non me l’aspettavo. A quel punto è intervenuta la mia ginecologa.
“Adriana fai l’epidurale, ti aiuta a rilassarti e rilassa l’utero”
“Va bene”
In quel momento ho iniziato a pingere. Un crollo di nervi inaspettato. Paolo era li vicino me, dolce e premuroso. Elisabetta non ci ha mai lasciati soli un secondo.
Arriva Fabio, l’anestesista, il secondo angelo che ho incontrato in ospedale. Gli ho chiesto di infilare il catetere al primo tentativo altrimenti non avrei più voluto farla. Ero traumatizzata dall’esperienza con Vittoria. Quattro buchi prima di riuscire a infilare il catetere, il dolore ve lo risparmio.
Fabio ho infilato il catetere senza che mi accorgessi.
In mezz’ora ero dilata completamene, non è servita altra anestesia, Benedetta stava per nascere. Tutti si preparano.
“Amore sta per nascere, si stanno preparando” Le parole del Puni con gli occhi lucidi e la voce rotta dall’emozione.
1 o 4 non cambia, l’emozione di vedere nascere un figlio è sempre unica.
Tutti si sono preparati ad accogliere mia figlia, ma io non ero preparata per farla nascere.
Per la prima volta nella mia vita ho avuto le famose “spinte”.
Avete letto bene, non ho mai avuto le spinte per gli altri tre, mai! Con Semuel cesareo e travaglio senza spinte, con Carlo e Vittoria ero sotto anestesia.
Non sapevo cosa fossero, non sapevo gestirle, non sapevo cosa dovessi fare.
Voi direte “dovevi semplicemente spingere!”.
Avete ragione ma non è andata così.
Per fortuna in sala parto c’era Elisabetta che come un angelo custode mi ha aiutata, guidata, tranquillizzata.
Tre interminabili ore di spinte, e chi le ha provate sa di cosa parlo.
Parto asciutto, un bruciore lancinante, come se mi marchiassero a fuoco.
Tre ore che mi hanno stremata, in cui ho usato tutte le mie forze, in cui ho detto: “basta, non ce la faccio più”.
E davvero non ce la facevo più. Non avevo più neanche la forza di alzare una mano.
Ed è proprio allora, quando stavo per chiedere il cesareo che lei è nata.
“Adri, ancora una spinta e ti prometto che nasce”
L’ho ascoltata, mi sono fidata di lei, incondizionatamente.
Benedetta è nata alle 22.02 e Elisabetta terminava il turno alle 22. E’ rimasta con noi, mai se ne sarebbe andata, me lo aveva promesso.
In sala parto ad aiutarmi, alla fine, c’erano tutti. Le ostetriche che terminavano il turno ed erano arrivate ad aiutare Elisabetta, Fabio, la ginecologa di turno, le oss e il mio Puni.
Il suo pianto, le lacrime del Puni e il suo taglio del cordone ombelicale la gioia sui visi di tutti, tutto il dolore cancellato un attimo.
Questo è stato il mio quarto parto.
E poi? E poi ero a pezzi. Il mio fisico non reagiva, non riuscivo a muovermi, ero troppo stanca per tenere Benedetta, per prendermi cura degli altri.
In ospedale, di notte, chiedevo che portassero Benedetta al nido perchè ero spossata, troppo debole per accudirla.
Prima di dimettermi mi hanno fatto due sacche di ferro e dato dei ricostituenti, che hanno fatto il loro dovere. Non subito, ma son serviti.
Ero davvero demoralizzata. Io che mi son sempre ripresa a tempo di record, stavolta stavo facendo fatica.
Probabilmente a peggiorare tutto c’ha messo lo zampino anche il mio caratteraccio, la mia pretesa di fare fare come se nulla fosse successo, il mio non darmi tempo!
Ragazze non fate come me, non pretendete troppo da voi stesse, godetevi la meritata stanchezza, date al vostro corpo il tempo di recuperare senza strafare, non serve a niente, se non a farvi del male!
Adesso sto bene. Sono sempre stanca ma sto bene.