Essere coppia ed essere genitori nel 2020 è un’impresa titanica.
Il film “Figli” di Giuseppe Bonito, tratto da un monologo dello sceneggiatore Mattia Torre, che vede come protagonisti la bravissima Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea rispettivamente nei ruoli di Sara e Nicola ci racconta in modo chiaro e reale la quotidianità di una famiglia che vede il proprio equilibrio messo alla prova dall’arrivo del secondogenito dopo sei anni dalla nascita della prima figlia.
Può la coppia sopravvivere al nuovo uragano emotivo e organizzativo? Riesce una famiglia consolidata nella propria quotidianità a restare unita e superare le nuove avventure e difficoltà che arrivano?
“Si, si può fare!” Questa è anche una battuta che nel corso del film la protagonista Sara dice ad una giovane coppia di genitori come lei alle prese con l’arrivo del secondo figlio.
Il film evidenzia in modo molto schietto tutte le dinamiche di coppia e famigliari che vengono messe costantemente alla prova con l’arrivo dei figli, che sia il primo o il secondo, anzi soprattutto il secondo che in qualche modo inatteso ma amato destabilizza le aspettative e gli equilibri che fino a quel momento creavano la routine.
Attraverso una serie di episodi, ognuno di noi può tranquillamente identificarsi nei protagonisti, nelle emozioni che vivono e nelle difficoltà di esprimere le emozioni stesse al partner o ai genitori ai quali si chiede collaborazione nella gestione dei nipoti per poter tornare a lavorare o per avere un supporto nei momenti del bisogno.
Il film è suddiviso in capitoli, ognuno di essi racconta un aspetto preciso della vita di coppia e della vita genitoriale che ci troviamo ad affrontare: il ritorno a casa dopo il parto con la conseguente ricerca di un nuovo equilibrio familiare; l’illusione di poter contare su una baby sitter perfetta quando i nonni alzano le mani e si chiamano fuori dalla gestione dei nipoti e così via.
Nel dibattito che è seguito alla proiezione del film in anteprima, a cui ho avuto l’enorme piacere di partecipare, sono intervenuti gli attori e il regista moderati dallo psicologo Luca Mazzuchelli; nel corso delle domande poste agli attori è emerso che la naturalezza con cui hanno saputo raccontare le dinamiche agrodolci tipiche di moltissime famiglie italiane è scaturita in parte anche dalla loro esperienza personale di genitori e partner, questo a dimostrazione del fatto che quando ci sentiamo “non abbastanza” come mamme, come papà e come compagni di vita non siamo alieni in questo mondo ma è del tutto naturale provare queste emozioni.
Il 90% del film gravita intorno alla coppia che viene scombussolata dalle difficoltà quotidiane di gestione di tutto l’apparato “famiglia” ma che alla fine sa come restare unita anche in questi momenti apparentemente insormontabili e ingestibili: molte scene amaramente ironiche vedono i protagonisti che immaginano di scappare dalla finestra ogni qual volta si para davanti a loro un problema che sembra più grande di quello che in realtà poi si rivela essere! Alzi la mano chi fra noi mamme non abbia mai pensato (pensare non significa agire) almeno una volta “adesso prendo e me ne vado” quando la situazione sembrava insostenibile, io personalmente ho apprezzato moltissimo e mi sono sentita rincuorata a vedere quelle scene di fuga fittizia riportate in modo così schietto.
Una delle frasi ricorrenti all’interno del film è “Tu non mi vedi” che i protagonisti Sara e Nicola si ripetono perché entrambi si sentono estranei uno all’altra e non trovano possibilità di comunicazione: perché allora è così importante che “ci si veda”? A questa domanda ha risposto lo psicologo Mazzuchelli che ha descritto la coppia come due ballerini che sulla pista da ballo sono liberi di muoversi ognuno per conto proprio, ma sempre guardandosi negli occhi e avendo una coreografia comune e che vada nella stessa direzione.
Ognuno di noi sin dall’ infanzia ha bisogno di “essere visto e considerato” e questo desiderio all’ interno della coppia è molto presente perché è fondamentale per non perdersi e non ritrovarsi da soli; sicuramente è fondamentale lavorare quotidianamente insieme per seguire sempre la stessa direzione insieme e talvolta in modo separato sapendo però che ad un certo punto del percorso ci si ritrova.