Se c’è un gioco che mi piace fare con i bambini quando leggiamo in biblioteca è quello di svelare loro i dettagli delle pagine poco alla volta.
A volte parto da un dettaglio e chiedo loro di indovinare di che cosa si tratta, altre volte facciamo l’esatto contrario: osserviamo un’immagine apparentemente completa e scopriamo come l’aggiunta di un dettaglio possa cambiare le cose. Questo, che ai grandi può sembrare solo un passatempo divertente, per i bambini invece, per certi aspetti, è una cosa “seria”.
Il loro modo di vedere il mondo, infatti, è diverso da quello di un adulto. Ogni esperienza è vissuta in modo amplificato, con i sensi all’erta. Sin da quando nascono ogni cosa è nuova, va toccata, sperimentata, assaggiata, odorata, ascoltata, osservata.
Non c’è nulla, soprattutto nei primi anni di vita, che non appaia ai loro occhi come un affare “serio”, dove serio però non fa rima con parole come “dovere” o “necessità” o “lavoro” e nemmeno con aggettivi come “noioso” o “gravoso”, bensì con termini come “scoperta”, “esplorazione”, “attenzione” e, soprattutto, con “emozione”.
Le emozioni per i bambini sono sempre al primo posto, ogni cosa merita di essere celebrata da un’emozione per loro: la gioia di abbracciare la mamma, la tristezza perché fuori piove e non si può andare a giocare, la rabbia che si cela dietro a un capriccio, la sorpresa e l’impazienza di fronte a un pacco da scartare, la paura del buio.
Crescendo, tutto si attenua nelle sfumature della quotidianità, del già visto e già vissuto. Basta però stare mezzora nella stessa stanza con un bambino per essere strappati alle nostre sicurezze e catapultati nuovamente nel loro piccolo vortice di sentimenti e stati d’animo.
È così che, sfogliando un libro con un bambino, qualunque dettaglio diventa importante. Ancora meglio, poi, se il libro è fatto apposta per fare questo gioco.
Ho scelto due cartonati (una novità e un piccolo tesoro, edito pochi anni fa) per farvi capire meglio cosa intendo.
Le domande che i libri pongono al bambino sono semplici e dirette: cosa vedi? Che cosa ti sembra quel che vedi? Cosa potrebbe essere? A cosa somiglia? Hai visto invece che cos’è?
E ancora: cosa c’è dietro? Cosa nasconde? Dove si è nascosto?
Tutto questo ha un duplice scopo: stimolare la curiosità ed esorcizzare le paure.
Abbiamo già detto che il mondo per ogni bambino è un posto nuovo. Perciò la paura, nel senso più generale del termine, è il sentimento che, assieme alla curiosità, più spesso lo accompagna nelle sue scoperte.
Nella paura non c’è niente di male, anzi, a patto di avere i giusti strumenti e aiutanti per ridimensionarla, riconsiderarla con nuovi occhi, rimpicciolirla fino a padroneggiarla, per poterla mettere in tasca.
In ognuna delle risposte alle domande che quei libri ci pongono, si mescolano dunque la paura e la curiosità. Paura di ciò che non si conosce, curiosità di scoprire quel che ancora non si sa.
Durante la lettura emerge lo stupore: c’è sempre qualcosa che non ci sia aspettava, qualcosa che non si poteva prevedere, qualcosa che fa ridere o che affascina.
Il vantaggio di questi bei libri è che quelle emozioni possono essere vissute e rivissute. Così, padroneggiando sempre di più le pagine e i disegni, volutamente semplici e dai colori sgargianti, girandole, andando avanti e poi tornando indietro per vedere di nuovo, per scoprire un’altra volta cosa si cela in un uovo o nel cappello di un mago, la paura se ne va per lasciare il posto alla familiarità e alla comprensione di ciò che prima spaventava perché nuovo.
Si cresce, giocando si cresce. Per questo è un affare “serio”, anche quando si tratta di un semplice cucù tra gli animali, di una caccia al dettaglio, della ricerca di un lupo che non si trova e che sbuca, rassicurante, in ultima pagina, assieme a tutta la sua famiglia.
Buona lettura,
Maria (Il Signor Pob)
[Hector Dexet, Cucù, Lapis, 2015
Agnese Baruzzi, Stana il lupo!, Gallucci, 2017]