Buongiorno e Buon lunedì! “Mamma cosa succede?”
Io, oggi, non voglio entrare nel merito dei fatti. Tutti li conoscete. Voglio raccontarvi cosa è successo a casa mia. E voglio sapere cosa è successo a casa vostra. Voglio raccontarvi la reazione di un 10enne davanti alla strage del Charlie Hebdo.
La settimana appena trascorsa è stata una di quelle settimane che difficilmente si dimenticano. Quello che è successo in Francia è sotto gli occhi di tutto il mondo ed è impossibile far finta di niente. Non si può chiudere gli occhi, girarsi dall’altra parte, solo perché non è successo in casa nostra. E’ accaduto ai nostri vicini, letteralmente i nostri vicini, e questo aumenta la paura e il senso di insicurezza. Almeno per me è così.
Ho passato sei ore incollata al tg sky 24 per seguire live gli accadimenti. Sia il giorno della strage che quello dell’arresto/uccisione degli attentatori. Non ero sola. Semuel ha visto tutto. Ascoltato tutto. Letto tutto quello che c’era da leggere.
“Mamma cosa succede?” queste le sue parole, questa la sua domanda che mi ha gelato il sangue. Cosa rispondo ad un bambino di 10 anni che vede in televisione che accadono certe cose alle porte di casa nostra? Esiste forse una formula magica per tranquillizzarlo?
Gli raccontato la verità, solo la verità e nient’altro. Beh ho aggiunto “stai tranquillo qui siamo al sicuro”, “non corriamo pericoli” bla bla bla, ma ho preferito che sapesse fin da subito la realtà dei fatti.
Semuel è un bambino molto sensibile e, come vi ho detto mille volte, molto curioso quindi non si è accontentato delle semplici spiegazioni. Mi ha inondato di domande. Ha fatto ricerche su ogni nome o termine nuovo che sentiva pronunciare dai giornalisti. Ha litigato con i fratellini perché non stavano zitti (esagerato!). Ad un certo punto ho capito che la situazione degenerava. Non è giusto che un bambino di 10 anni si spaventi in questo modo. Ho spento la tele, tolto l’ipad, e gli ho proibito di fare ricerche e continuare a pensarci.
Non puoi controllare il pensiero ma puoi cercare delle distrazioni e la cucina, qui, funziona sempre e con tutti! Gli dato in mano la pasta di zucchero e gli ho detto di fare delle decorazioni. Non era convintissimo ma l’ha fatto e così si è un po’ calmato.
Paura e spavento. Questo leggevo nei suoi occhi. Il giorno dopo a scuola è successa una cosa terribile che mi ha lasciata senza parole ma che mi ha fatto capire che Semuel, forse, aveva capito il giusto. Che forse, avergli detto subito la verità lo ha aiutato ad affrontare situazioni che non devono accadere ma che purtroppo accadono.
Nella sua classe c’è un bambino musulmano. Nato in Italia da genitori egiziani. Con i classici tratti somatici degli stranieri, molto riconoscibile. E’ stato preso in giro. Additato come terrorista. Insultato “Tu sei uno dell’Isis” e altre frasi che non sto a raccontarvi. Ho provato pena per il bullo e per la vittima. Pena per i genitori di entrambe i bambini perché da entrambe le parti c’è molto lavoro da fare per e su i loro figli.
Una famiglia deve rafforzare e rassicurare il proprio figlio. Il mondo non è semplice, la gente è cattiva e ignorante, dovranno insegnare a loro figlio a convivere con la stupidità di certe persone.
L’altra credo che debbano modificare, spiegare e anche sgridare il loro bambino. E fare un lavoro su loro stessi perché forse, se succedono certe cose, una parte di colpa è anche dei genitori.
In tutto questo Semuel, e ve lo racconto con orgoglio, ha difeso il bambino insultato. Ha intimato di smetterla al bulletto e ha invitato la vittima a raccontare tutto alla maestra e così è stato. Non credo di essere una mamma migliore delle altre, non credo di essere una brava madre. Non voglio i complimenti. Sono convinta che dire la verità sia sempre la scelta giusta. Ho semplicemente spiegato a Semuel che essere musulmano non vuol dire essere terrorista, che non deve mai e poi mai mischiare le cose. Gli ho detto di informarsi sempre prima di arrivare ad una conclusione o dare un giudizio.
L’accaduto mi è stato raccontato da più mamme a cui hanno riferito i fatti i loro bambini perché Semmy, stavolta, non mi ha detto niente.