Olga e Olaf
[Tonka Uzu (testo e illustrazioni), Bacchilega, 2014. Età di lettura: dai 2 anni]
Quando ero bambina e avevo all’incirca 8 anni, per Natale arrivò in regalo a mia sorella un batuffolo rosso e peloso: un cucciolo di cane.
Presto, troppo presto, come accade sempre, quell’orsetto lanoso diventò un fiero cagnone dal cuore di morbida pastafrolla, amico inseparabile dei miei giochi, terrorizzato dalle palline che suonavano, amante delle lunghe corse in giardino in mezzo alla ghiaia e all’erba, abile scavatore di buche in cui sotterrava le mollette di mia madre che, a ogni bucato, constatava l’improvvisa e misteriosa sparizione di alcune di esse.
Pallino (il nome, datogli da mia sorella, forse non si addiceva alla sua stazza, ma al suo cuore tenero sì) vegliava fedelmente i miei pomeriggi sui compiti e le sere in cui, a casa da sola con lui, avevo paura del buio. Allora lui, con quella capacità di capire che solo i cani sanno sfoderare in certe occasioni, abbandonava la sua cuccia morbida e calda e veniva a sdraiarsi accanto a me, sul pavimento della cucina. Passava le ore su quel pavimento freddo senza battere ciglio. Poi, all’arrivo dei miei, si spostava soddisfatto sul tappeto, senza chiedere nulla in cambio se non una carezza.
La notte, da anziano, dormiva di sopra con noi e non più nella sua cuccia allestita lungo le scale. Amava in particolare stendersi in mezzo alla porta della cucina, così che, anche dopo anni, andando a bere un sorso d’acqua nel buio della casa, mi sono sorpresa più e più volte a compiere ancora quel gesto automatico di allungare la falcata per scavalcarne il corpo addormentato in corrispondenza della soglia.
Sono passati 20 anni, più di 10 da quando lo stupendo cagnone ci ha lasciati, io sono cresciuta e ho una casa mia, due cani birbanti (Libertà e Orlando) che fanno per quattro. Eppure il ricordo dolce di quel primo amico mi accompagna sempre, struggente e vivido, tra le immagini della mia infanzia e della mia adolescenza.
In Olga e Olaf, non me ne vogliano Libertà e Orlando, io vedo me e Pallino.
Olga, piccola e riccioluta, sorridente e sbarazzina, vive con Olaf la medesima simbiosi: lo trasporta nella sua bici (cosa che per me è sempre stata impossibile, persino Libertà si rifiuterebbe di farlo!), festeggia il suo compleanno, condivide un gelato che sembra proprio della dimensione adatta a due amici.
Quando Olga deve uscire di casa Olaf si rattrista, la saluta dalla finestra e ne attende il ritorno.
Con quale impazienza al suo rientro Olga va subito a cercare il suo amico! Ma Olaf non c’è: forse sta giocando a nascondino, forse le sta facendo uno scherzo. Olga prima lo cerca, poi si preoccupa, il sorriso le scompare dal bel faccino. Ecco però che sente un rumore inconfondibile provenire dal suo armadio: lo apre e vi trova Olaf, che dorme beato tra sciarpe e maglioni.
Il posto non è casuale: quando un animale avverte la nostra mancanza subito cerca un luogo o un oggetto che abbia il nostro odore per rassicurarsi e sentirci vicini.
Olaf si sveglia, vede Olga ed è subito festa. “Così hai fatto solo un pisolino nel mio armadio!” gli dice Olga. Insomma, non proprio. In casa, da qualche parte, giace un vaso rovesciato, ma non importa.
Ciò che conta, persino per la mamma di Olga, ci scommetto, è la felicità di quei due cuccioli, la loro spensieratezza, la loro amicizia, così pura e rara, così unica.
Buona lettura