Pietro Pizza
[William Steig, Salani, 2001. Età di lettura: dai 3 anni]
Che fare in un pomeriggio d’estate? Pietro lo sa bene: uscire con gli amici a giocare. Il prima possibile per giunta! Il tempo però non sembra affatto d’accordo.
Piove e tutti i piani di Pietro vengono di colpo scombinati. Eccolo lì, triste e sconsolato, appiccicato alla finestra mentre fissa il giardino e pensa alla libertà tanto agognata.
Al suo papà, un gran signore baffuto vestito un pochino anni ’80, viene un’idea strampalata: di Pietro vuole fare una pizza!
Proprio così! Lo stende sul tavolo della cucina e lo impasta sotto lo sguardo preoccupato della mamma. Poi lo tira, lo gira, lo rigira, lo lancia esattamente come fa ogni buon pizzaiolo che si rispetti con una pizza tra le mani.
Passa quindi alla farcitura: acqua al posto dell’olio, borotalco come farina, pedine della dama a imitare il pomodoro, formaggio fatto di pezzetti di carta.
Pietro dal canto suo si comporta da perfetta pizza, stando al gioco. Guai a fargli il solletico però: si contorce tutto, mentre le pizze mica dovrebbero ridere!
Pietro-pizza va nel forno (che in realtà è il divano) ed è finalmente pronto! Pronto per cosa? Ma per uscire! Il sole ha fatto capolino, la tristezza intanto se n’è andata via. Pietro è pronto per correre a giocare.
Non mi stancherò mai e poi mai di ripetere quanto sia preziosa e rara la semplicità con cui certi albi sanno catturare un bambino e parlare di lui.
Non esiste un vero motivo per cui Pietro Pizza è il capolavoro che è. O forse ne esiste più d’uno: il testo divertente e le illustrazioni che ci catapultano nella quotidianità di una famiglia, nel calore di una casa in un giorno qualunque, in una situazione vista e vissuta milioni e milioni di volte; l’amore di un padre, William Steig, che in questo libro ricorda con dolcezza il suo essere stato genitore di Maggie, la sua “pizza preferita”.
Recita il retro di copertina: “Quando William Steig, nel 1997, compì novant’anni, si ricordò di un gioco che faceva con la figlia più piccola, Maggie, se la vedeva di cattivo umore. Era un metodo infallibile. Così pensò di scrivere il suo ventottesimo libro per bambini: speriamo che d’ora in poi il mondo possa essere popolato solo da bambini allegri”.
Buona lettura!