Quando non c’era la televisione. Letture 6-10 anni
Ho sempre adorato la neve, la sensazione di velluto morbido che lascia sulle orecchie cadendo, il suo rendere tutto per un attimo puro e immacolato, spegnendo i colori ma al contempo illuminando il mondo. Quando ero piccola nevicava abbondantemente tutti gli anni, si dice che fossimo più abituati o, forse, eravamo semplicemente più avvezzi a non usare la macchina e a camminare. Alcuni giorni fa qui da noi, a Reggio Emilia, è venuto a nevicare, una nevicata diciamo importante, di quelle da rimanere sotto il piumino invece che avventurarsi per strada. Il mondo è andato sottosopra…io mi sono ricordata di quando ero bambina e non ho nemmeno tentato di liberare la mia macchinina da sotto il cumulo. Ho preso per mano le mie bimbe e siamo andate a scuola e al lavoro a piedi (certo solo 4 km si affrontano piacevolmente)
Niente luce…città e famiglie in tilt! Non va la caldaia, c’è freddo, non funziona la lavastoviglie e la lavatrice, non si riesce a ricaricare il cellulare, niente internet e facebook. La gente era stordita e inebetita dall’assenza di connessione reciproca. L’unico modo per comunicare era uscire dalla porta e cercare i vicini.
È stato il momento giusto di tirare fuori dal cassetto un libro: Quando non c’era la televisione di Yvan Pommaux – Babalibri editore. Lo guardo. Prima di aprirlo, scruto la copertina ed ecco che l’immagine di un gruppo di bambini intento, pare, a giocare a guardia e ladri in un cortile polveroso di altri tempi , mi riporta prepotentemente alla mente un ricordo, di un altro libro letto da piccola, I ragazzi della via Pal e di me, con la banda dei cinque, a scorrazzare per interi pomeriggi in cortile.
Poi lo apro e viene fuori molto di più…un albo illustrato che tiene dentro la storia di infanzia della generazione dei miei genitori. Si apre con la guerra, che però non impediva alle persone di amarsi e così molti bambini nacquero nel 1945, 1946….fra loro Mario. È il 1953 e Mario ha 8 anni. La gente è povera ma finalmente inizia a sperare, sono gli anni delle grandi conquiste, gli anni della ricostruzione.
È il racconto di una giornata nella vita di Mario, della sua piccola casa di tre stanze con il bagno in comune sul pianerottolo e il signor Dettori che passa le sue giornate a ritagliare meticolosamente il giornale da usare al posto della carta igienica…la doccia se la sognavano, anzi manco, visto che non sapevano nemmeno cosa era. Il bagno si faceva in un catino in cucina. Questo lo ricordo precisamente perché mia nonna abitava in una piccola casa della Liguria più vera, con il bagno aggettante verso l’esterno e niente doccia fino agli anni 80!
Ci si scalda con la stufa, il letto, prima di coricarsi, viene intiepidito con bottiglie d’acqua calda. Il libro ci racconta di mestieri dimenticati come quello dell’uomo del ghiaccio che consegna con il suo carro “frigoriferi a domicilio” e poi di tante botteghe, una accanto all’altra, una sorta di ipermercato all’aria aperta, le corsie sostituite dalla strada. Non tutti avevano la luce allora, certamente non la televisione che ci si accalcava a vedere davanti alla vetrina dell’elettricista, l’unico che ne possedesse una! La mente ritorna a me bambina (non pensiate mica che sono una del 1945 ma ho vissuto i primi anni di infanzia negli anni ’70), ricordo la nostra prima televisione, un quadrato microscopico che ci obbligava a guardarla tutti vicini, in bianco e nero, con quattro o cinque canali; il telecomando era ancora qualcosa di assolutamente avveniristico.
Mario va a scuola, in pantaloncini corti e calzettoni al ginocchio, anche d’inverno…cosa che ora farebbe rabbrividire la mamma media italiana che d’inverno copre con piumini, cappelli, guanti e sciarpa i propri bambini (sia chiaro pure io!).
Il libro diverte con i suoi anedotti di vita vissuta, con i racconti del lavoro da telefonista della mamma di Mario, delle conversazioni spiate involontariamente, delle gite della domenica fuori porta (10 km a piedi come se niente fosse), dei ricchi, quelli veri, quelli con le macchine e i vestiti belli.
Questo libro è tornato con la neve, ma forse è sempre stato lì, nella mia testa, nei miei ricordi di bambina e nei racconti delle mie nonne, delle scarpe bucate rattoppate con solette di cartone, delle giornate trascorse in sella alla bicicletta per raggiungere luoghi che ora, con la macchina, sono a un tiro di schioppo, del sale razionato, dei boccoli di mio padre vestito da bambina a due anni, degli appuntamenti che ci davamo con le nonne lontane per poterci parlare al telefono, perché mica tutti ce l’avevano in casa e andavano ospiti dai vicini.
Un libro con disegni di altri tempi, ricco, che ha colpito le mie bambine i cui ricordi di infanzia saranno molto diversi da questi. Ha vinto il premio Andersen nel 2004.
Consiglio questo libro a tutti i nostalgici come me, a quelli che amano guardare indietro per imparare ad andare avanti, ai nonni che, seduti su un comodo divano in una casa riscaldata, possono oggi raccontare ai loro nipoti l’infanzia che è stata anche per immagini, a tutti coloro che, oggi, a causa della neve o della crisi, non possono dare più per scontato quello che, fino a poco fa, lo era. Perché si può essere felici lo stesso!
Una piccola chicca…Yvan Pommaux, l’autore, è nato nel 1946.