Mio Miao racconta del rapporto tra un bambino vivace, con la faccia furbetta e il suo micione, rossiccio e dall’aria serafica. Il bambino vorrebbe farne il suo compagno di giochi: lo vuole accarezzare; poi tenta di vestirlo e di infilarlo in un carretto; gli costruisce addirittura un lettino e cerca di convincerlo a dormirci dentro.
Il gatto con pazienza per un po’ sopporta, poi però scappa, si nega, si nasconde.
Il bambino non capisce; gli dice che lui è “il mio Miao” e usa il verbo “voglio”. Pretende, pesta i piedi. Non sono solo capricci; probabilmente lui crede davvero che sia giusto così, che il gatto sia felice di giocare con lui, che non ci sia nulla di più divertente che prestarsi alle sue piccole angherie e farsi vestire e portare a spasso come un bambolotto.
Ad un certo punto è il gatto a prendere la parola, a dare il suo punto di vista. Al “sei mio” del bambino, lui risponde di essere “il miogattodime”, di appartenere a se stesso e quindi di essere libero, indipendente. Non vuole essere un giocattolo, non gli piace stare sempre con lui, perché ama la compagnia di se stesso e le sue abitudini di gatto. Racconta delle sue giornate, di quel che ama fare, di quando di notte si sente una tigre nel bel mezzo di una battuta di caccia e di quando invece si nasconde perché nessuno lo trovi, per godere di un momento di quiete e solitudine.
Poi chiede al bambino di parlare di sé. Il bambino comincia a raccontare e, mentre leggiamo le sue parole, ci accorgiamo di quanto i due si somiglino: allegri, avventurosi, un po’ spericolati. Liberi. Simili in tante cose, diversi in altre, entrambi hanno bisogno dei propri spazi e di essere rispettati nella loro natura e nel loro modo di essere.La sera poi, si incontreranno, il bambino sotto le coperte, al calduccio, e il gatto in fondo ai suoi piedi, accoccolato, perché ogni tanto anche il micione ha voglia di “un posto privato unico personale”, e di una persona speciale a cui è bello stare accanto.
Il racconto si snoda in un alternarsi di tre colori ricorrenti: giallo-nero-rosso. Colori semplici, di grande impatto visivo. Il testo è in maiuscolo, scelta che accentua ancor di più lo spontaneità dei due interlocutori, che sono fatti di istinto, che parlano senza mezzi termini, senza usare giri di parole, con schiettezza.
Questo dialogo ritmato avvicina gatto e bambino, insegna loro il rispetto reciproco, fissa i confini di un’amicizia tra due esseri differenti eppure affini. Il micio si fa portatore di un messaggio importante: volergli bene è lasciarlo libero, senza costringerlo a fare ciò che non ama e che lo mette a disagio. Il bambino sembra finalmente aver capito, promette che non scorderà quel che gli ha detto.
Proprio come accadeva nel famoso libro di Antoine de Saint Exupéry, gatto e bambino si addomesticano a vicenda per trovare un equilibrio e costruire un rapporto nuovo, in cui, questa volta, ci sia spazio per tutti e due.
Buona lettura!
Mio Miao
Il mio unico specialissimo gatto
[Sandol Stoppard, Orecchio acerbo, 2012. Illustrazioni di Remy Charlip. Età di lettura: dai 4 anni]