Siamo a Settembre inoltrato e, per i più, le vacanze sono ormai un lontano ricordo. Senza nemmeno accorgerci, siamo ricascati nella stessa routine, nelle stesse abitudini e le ri-promesse che ci eravamo fatti tra un tuffo e l’altro sono svanite. “Da Settembre inizio a meditare!”, “Da Settembre leggerò un libro al mese!”, “Mi impegnerò ad essere più puntuale”, o per i più avventurosi “A Settembre voglio proprio iniziare quel corso per imparare l’etrusco!”. Poi i giorni passano, avete ritardato di nuovo ad un appuntamento, le iscrizioni a quel corso di etrusco chiudono, e iniziate a rimandare i buoni propositi al mese successivo, la frustrazione cresce e lo sconforto prende piede. A questo punto vi fate la solita domanda “Perché cambiare è così difficile?”
Beh, non siamo di certo i primi ad affrontare questo dilemma. Da millenni filosofi e pensatori si interrogano sul tema del cambiamento, basti pensare alla massima di Eraclito nel V secolo a. C. “Non possiamo fare il bagno due volte nello stesso fiume”, o alla centralità del tema dell’impermanenza nel buddhismo. Le cose cambiano e stanno cambiando anche ora, che lo vogliamo o no.
La storia si fa ancor più complessa quando si tratta di capire quali siano i meccanismi alla base del cambiamento del comportamento intenzionale. Fortunatamente, nei primi anni ’80 sono venuti in nostro soccorso due noti psicologi, James O. Prochaska e Carlo Di Clemente, creando un modello utile a spiegare la scienza sottostante al processo di cambiamento personale. Il modello, noto in ambito psicologico come modello transteoretico (o gli Stadi del Cambiamento), delinea con semplicità e precisione le 5 fasi attraverso cui si muovono le persone quando stanno cercando di modificare un comportamento (la durata di ogni fase varia da individuo a individuo). Nonostante sia stato inizialmente sperimentato nell’ambito delle dipendenze (tabacco, stupefacenti,…), successivamente il suo utilizzo è stato esteso a numerosi ambiti e può essere valido anche per dare una lettura ai nostri cari buoni propositi. Provate a vedere se riuscite ad identificare la fase in cui vi siete “bloccati” quella volta in cui avete fatto l’abbonamento annuale in palestra, per poi andarci una sola settimana.
1) Precontemplazione – “Non ci penso proprio!”
Generalmente, in questa fase non abbiamo mai realizzato la necessità di modificare un nostro comportamento. Gli altri – famigliari, amici, medici- ci hanno rimandato qualche fastidioso suggerimento in proposito, eppure a noi questa abitudine è piuttosto cara. Il problema c’è, ciò che manca è la consapevolezza.
2) Contemplazione – “Si, ma no.”
Nella fase di contemplazione inizia ad emergere l’intenzionalità di cambiare, ma al tempo stesso ci ritroviamo profondamente impegnati nella valutazione di pro e contro. Se da un lato sappiamo che iniziare a mangiare sano è una buona idea, dall’altro lato, ad esempio, potremmo essere preoccupati dalla ricaduta negativa che potrebbe avere sulle nostre relazioni sociali (“Dovrò stare sempre a casa e rinunciare alle uscite in compagnia o alle feste!”). Questa profonda ambivalenza può portare a stalli prolungati in questa fase e per uscirne sarà necessario riuscire a trovare un nuovo modo di pensare al valore aggiunto del cambiamento che vogliamo intraprendere.
3) Determinazione – “Pronti, partenza,…”
Ok, ci siamo quasi. Il piano d’azione per il cambiamento è ben chiaro. Abbiamo recuperato il numero del nutrizionista, o abbiamo già strutturato un piano di lavoro settimanale che ci permetta di incrementare la nostra produttività a partire da quel fatidico lunedì. La preparazione e la determinazione vi danno la carica necessaria a passare all’azione, pena la ricaduta nella fase di contemplazione…
4) Azione – “via!”
Siamo andati dal nutrizionista e abbiamo fatto la spesa per la settimana. Come suggerisce Charles R. Swenson, noto psichiatra e ricercatore americano, “Per modificare il comportamento è necessario modificare il comportamento”. In questo momento i nostri propositi sono azioni e questa fase, ahimè, segna solo l’inizio del percorso di cambiamento.
5) Mantenimento – “Keep calm and carry on”
Siamo arrivati alla fase finale, la più delicata. Possiamo paragonare la fase di mantenimento alla modalità di crociera degli aerei. La quota è stata raggiunta, la direzione presa. I giorni passano e il nostro senso di autoefficacia aumenta. Dicevamo delicata, perché in questa fase il rischio della ricaduta si fa sempre più elevato, dovuta in molti casi alla falsa credenza che le strategie utilizzate per produrre il cambiamento siano le stesse che ci permettono di mantenerlo nel tempo. É necessario mettere in conto che potremmo incontrare dei “momenti no”, in cui il nostro io-saggio sembra venire meno e, ad esempio, iniziamo a pensare “É stata una giornata davvero terribile, quasi quasi fumo una sola sigaretta. Poi mi rimetterò in pista”. A questo punto è di primaria importanza trovare nuovi valori aggiunti che ci permettano di rimanere focalizzati sull’obiettivo e di restare motivati.
La ricaduta
Come abbiamo previsto delle giornate no, purtroppo non possiamo ignorare il rischio delle ricadute. Per affrontare questa eventualità, il suggerimento è quello di interpretarla come una fase normale del processo di cambiamento anziché etichettarlo come un vero e proprio fallimento del vostro piano. Solo perché avete saltato l’ora di lettura settimanale che vi eravate ritagliati, non significa che non finirete mai il libro, e questo vale per per qualsiasi comportamento desideriate cambiare. Non accantonate le buone ragioni che vi hanno portati fino a qui, ma ripartite da dove eravate rimasti, e magari con una ragione in più!
Un passo alla volta
A questo punto probabilmente sarete riusciti ad identificare la fase in cui vi trovate in questo momento, o in cui vi siete bloccati in passato. Il modello Transteoretico del Cambiamento, nei suoi limiti e criticità, ci può aiutare ad essere più consapevoli di cosa significhi attuare un cambiamento e della sua complessità. Come abbiamo visto, è importante tenere a mente che questo tipo di processo richiede dei cambiamenti comportamentali, cognitivi ed emotivi, che possono essere ulteriormente supportati dalle persone vicine. Questo modello ci può supportare nel processo di costruzione di aspettative realistiche, nel ricordare che ognuno ha il proprio tempo e spazio personale per il cambiamento, e al tempo stesso ci rammenta l’importanza dell’esercizio della pazienza e della gentilezza verso noi stessi durante tutto il percorso.
Riferimenti:
DiClemente, C. C., Prochaska, J. O. (1982). Self change and therapy change of smoking behavior: A comparison of processes of change of cessation and maintenance. Addictive Behavior, 7, 133- 142.
Miller, W. R., Rollnick, S. (2013). Motivational interviewing: Helping people change. New York, NY: Guilford Press.
Prochaska, J. O., DiClemente, C. C. (1982). Transtheoretical Therapy: Toward a More Integrative Model of Change. American Journal of Health Promotion, 12, (1): 11-12.
Prochaska, J.O., DiClemente, C.C., & Norcross, J.C. (1992). In search of how people change: Applications to the addictive behaviors. American Psychologist, 47, 1102-1114. PMID: 1329589.
Prochaska, J. O., Velicer W. F. (1997) ‘The Transtheoretical Model of Health Behavior Change’. American Journal of Health Promotion:, 12, (1): 38-48.