Mi chiamo Valentina e sono una di voi: lavoratrice autonoma dal 2012, partita Iva dal 2013, mamma dal 2016.
Si presenta così Valentina Simeoni, antropologa e docente di lingue freelance. Ma non siamo a una seduta di gruppo per la cura di qualche dipendenza, siamo nell’incipit del suo libro “Mamme con la partita Iva – Come vivere allegramente la maternità quando tutto è contro” (edito da Sonzogno).
Un vero e proprio manuale per mamme-lavoratrici-autonome, che affronta con toni leggeri ma in maniera molto approfondita il grande tema della conciliazione lavoro/famiglia, visto con gli occhi delle libere professioniste.
Perché Sì, fare un figlio (o anche due, tre, quattro…), lavorare, gestire la casa e la famiglia, insomma incastrare tutto, è possibile anche se hai la partita IVA. Ve lo dico per esperienza, perché anch’io faccio parte di questo gruppo.
Senza lavoro a una settimana dal parto: e adesso?
Sono libera professionista o “imprenditrice di me stessa”, come si dice sul web, un po’ per virtù un po’ per necessità. Quando ero alla 39esima settimana sono stata gentilmente invitata a firmare la lettera con cui avrei posto fine al mio contratto di dipendente part-time. L’agenzia per cui lavoravo aveva deciso di chiudere i battenti, dicendomelo solo in quel momento (nonostante avessi lavorato fino alla 35+6), con davvero poco tatto e in un momento davvero poco opportuno. Nel momento del travaglio avevo ben altro a cui pensare, quindi subito non ho dato peso alla situazione che di lì a poco si sarebbe venuta a creare.
Ci ho pensato dopo, quando ho esaurito anche i pochi spiccioli del congedo di maternità e ho dovuto rimboccarmi le maniche per ributtarmi nella mischia. Non potevo certo presentarmi a un colloquio di lavoro per un posto fisso con una neonata in braccio. Ed è stato lì che il mio commercialista mi ha detto che la partita IVA sarebbe stata la mia salvezza.
Una, nessuna, cinquecentomila come te
Da una parte io sono stata “fortunata” a non avere il tempo di riflettere, perché Valentina invece, che partita IVA lo era da un po’ (e come lei tante altre: sono infatti mezzo milione le libere professioniste attestate – Rapporto 2017 sulle libere professioni in Italia) ha dovuto affrontare i mesi della gravidanza alternando momenti di gioia pura, per quello che stava accadendo dentro di lei, a momenti di panico totale, al pensiero di come sarebbe stato il tuo futuro, lavorativamente parlando (se mai ne avesse avuto uno).
È vero, quando sei libera professionista non hai contratti che ti legano a nessuno, non hai vincoli di orario né obblighi particolari, se non quello di rispettare le scadenze per la consegna del materiale, sia esso un articolo per un giornale, un progetto per un cantiere o l’evasione di un ordine che arriva dal tuo shop online. Sono cose che, se ti organizzi bene, puoi fare anche di notte o al mattino presto, mentre i bambini dormono (se dormono). Insomma, sei padrona del tuo tempo: e questo è, a mio avviso, uno dei vantaggi principali della vita da freelance.
Dopo i PRO, però, arrivano sempre anche i CONTRO. Nessuno dei tuoi clienti è obbligato a rinnovare la collaborazione a una gestante. Giocare a carte scoperte e presentarsi a un appuntamento di lavoro con la pancia un po’ più prominente del solito è un rischio che non tutte siamo disposte a correre. E allora via ad acquistare maglie XXL, giacconi super imbottiti da tenere addosso tutta la riunione, fingendo un attacco di freddo improvviso, per nascondere il pancione e procrastinare il momento in cui dovrai uscire allo scoperto, con tutti i tuoi chili.
In più la maternità limita la tua visibilità. Prima o poi sei costretta a fermarti e in alcuni lavori, come il mio (sigh!), stare troppo tempo fuori dal giro vuol dire rischiare di perdere il treno. Le professioni che richiedono presenza costante e aggiornamenti frequenti non si sposano bene con i tempi della maternità.
Lo so che adesso vi state scoraggiando e state rivedendo tutte le vostre priorità. Ma vi assicuro che il lieto fine arriva, come in tutte le favole che si rispettino.
Anche le partite IVA fanno figli
Nel suo libro “Mamme con la partita IVA” Valentina ci svela il suo segreto, raccontandoci la sua storia prima, durante e dopo la gravidanza. E assieme a confidenze e sfoghi esce anche l’antropologa che è in lei. Navigando in rete, per ingannare la dolce attesa, si è imbattuta nelle storie di altre donne che, come lei, pur essendo libere professioniste hanno deciso di fare il grande passo e diventare madri.
Perché anche le partite IVA fanno figli. Anzi, quelle che scelgono di farli non sono nemmeno così poche. […] sebbene non manchino esperienze negative, secondo alcune di noi un lavoro con partita IVA non solo non è incompatibile con la maternità ma, anzi, riesce persino in un certo senso a favorirla.
Quelle che trovate in questo libro sono esperienze (e professioni) molto diverse tra loro: ci sono, tra le altre, una veterinaria, un’avvocatessa, un’architetta, una commercialista (che ha 2 bimbi, entrambi nati a giugno, in pieno periodo di Dichiarazione dei Redditi), un medico, una naturopata, una digital consultant… Che però hanno qualcosa in comune: sono tutte madri che hanno dovuto mostrare al mondo i loro super-poteri, per far capire quanto “maternità” e “partita IVA” siano due parole che possono convivere nella stessa frase.
Come affrontare la maternità da libera professionista
Durante la gravidanza tutte ci sentiamo invincibili. Maciniamo km e km di auto, andiamo in bicicletta, saliamo e scendiamo dai mezzi pubblici con l’agilità di un rinoceronte, ma non smettiamo mai di lavorare. Un po’ perché – se abbiamo la fortuna di stare bene – gli ormoni ci danno una carica che non pensavamo di avere. Un po’ perché speriamo di riuscire a portarci avanti il più possibile (e mettere da parte un piccolo gruzzoletto).
Nonostante i nostri super-poteri, però, spesso ci dimentichiamo del nostro più temibile avversario: la burocrazia. Se anche voi siete mamme o future mamme con la partita IVA preparatevi a dover scorrazzare la pancia (e i figli) tra uffici INPS e patronati, per riuscire a farvi dare quel (poco) che vi spetta di contributo di maternità. Un capitolo intero del libro di Valentina è dedicato proprio a questo argomento ed è pieno zeppo di dritte e consigli per uscire sane e salve dal labirinto burocratico delle libere professioniste in dolce attesa.
Dopo la nascita del nostro piccolo, pensiamo che con il travaglio e il parto il grosso sia fatto. Rallegratevi ed esultate, non siamo neanche a metà strada. Ci sono le coliche, l’allattamento, i pianti inconsolabili che non riusciamo quasi mai a interpretare nel modo giusto, i momenti di mammite acuta (non sono ancora stati rilevati casi di papite!). Rimboccarsi le maniche qui è un vero eufemismo. C’è da strapparsi la maglietta, come Superman, per mostrare la S di SuperDonna che ci rende creature davvero uniche.
Il libro “Mamme con la partita IVA” viene in nostro soccorso anche qui. Ci fa vedere che, ancora una volta, non siamo sole. Organizzazione, distribuzione dei compiti e in alcuni casi delega delle incombenze sono le parole chiave che vi dovrete tatuare in fronte.
Iniziate da subito a circondarvi di una “rete di protezione” fatta di papà, nonni, zii, amici, baby-sitter, asili nido (pubblici o privati), baby parking o di qualsiasi altro cuscinetto che possa ammortizzare le vostre corse sfrenate di qua o di là.
Ci sono giorni in cui vi sembrerà di essere trottole impazzite e arriverete a sera con la sensazione di non aver combinato nulla. Tranquille, non è come appare. Avete trascorso un altro giorno da mamme-libere-professioniste e questo non è nulla, è TUTTO!
Come scrive Valentina Simeoni:
Sì, una volta capite e affrontate le questioni più critiche, e fatta eventualmente la pace con la parte più intransigente di se stesse, ce la si può fare. Magari con qualche difficoltà e qualche compromesso in più rispetto a chi lavora sotto contratto, magari a discapito – ancora una volta! – del proprio tempo personale e delle proprie energie psicofisiche, ma si può fare.
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